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Il racconto che ha vinto il Premio "Il Leggio del mare", sezione narrativa adulti(Ostia 18 giugno 2009)o--------------------------------------------------oGli
ozi laurentini Presentazione
del curatore E’
questa l’epistola di una giovinetta romana,
inviata ad un’amica o una parente di nome Lucilla e ritrovata per caso assieme alla sua traduzione
nella Biblioteca Nazionale di Firenze durante la sistemazione di alcuni tomi restaurati.
La traduzione non è stato possibile attribuirla ad alcuno, né stabilirne la datazione.
Si tratta sicuramente di un latinista post ottocentesco, per l’uso poco aulico
dei termini e per la fedeltà nella trasposizione che appare letterale ma elaborata, benché non sia possibile un preciso confronto con il testo latino.
La lettera originale, forse una trascrizione tardo
medioevale è, infatti, purtroppo consumata
e illeggibile. Appare macchiata presumibilmente di fango misto a petrolio
o nafta che hanno intriso irreparabilmente
la carta durante l’alluvione del 1966. Si suppone sia stata lasciata, insieme
ai fogli della traduzione, scritti con penna stilografica e stranamente intatti,
tra le pagine del volume Nach der Katastrophe, opera memorialistica del
1946 di tale Wilhelm Hoffman, bibliotecario tedesco nel periodo
tra le due guerre. Come il traduttore fosse venuto in possesso dell’epistola
originale non è dato sapere, così come si possono solo formulare ipotesi non verificabili
sul perché i fogli si trovassero all’interno del volume, conservato per anni in
uno dei depositi dell’Istituto per il restauro del libro dove si contano ancora
migliaia di testi in parte recuperati, ma non ancora tornati sugli scaffali della
Biblioteca. Né vi sono altre notizie in merito a questa lettera, scritta da
un’ospite di Plinio il Giovane nella sua villa di Laurentum nel periodo intorno
al 100 d..c.. La giovine, di cui si ignorano nome e censo, descrive infatti non solo la villa dello scrittore
latino, ma anche i luoghi circostanti e in particolare Ostia e il porto nell’entroterra
di Ostia, interessato a lavori di escavazione. Ciò fa presumere che la visita
a Laurentum sia avvenuta nel periodo di Traiano imperatore, quando appunto era
in corso la nuova opera idraulica per la sistemazione di quello che era stato
il Porto voluto da Claudio. La descrizione della villa corrisponde appieno a quella
fatta dallo stesso Plinio il Giovane (qui chiamato familiarmente Gaio Plinio o
anche solo Gaio) nella lettera al suo amico Gallio, e ci trasmette il piacere
della vacanza (l’otium romano) di cui gode la fanciulla in questa villa
sul mare, l’illud iucundum nihil agere (quel dolce far niente) di cui
lo stesso Plinio è stato il convinto sostenitore. Una parte particolarmente interessante
racconta della sua gita ad Ostia e a Portus, presumibilmente nel mese di luglio,
mentre il finale ci trasmette le preoccupazioni di una giovane destinata ad un
matrimonio d’interesse. La prosa è scorrevole e talvolta indulge alla facezia,
sicché si può supporre che la giovane fosse di nobile famiglia, abituata a vivere
in società e a frequentazioni con importanti personaggi dell’epoca, poiché
non sono pochi i riferimenti a scrittori
e retori della cerchia della famiglia imperiale come Giovenale e Tacito. Quest’ultimo
fa addirittura parte del gruppo di ospiti di Plinio e siede alla mensa dell’amico con la moglie Giulia. Non mancano
riferimenti anche a poeti di cui doveva aver letto le opere (Catullo, Ovidio,
Cicerone). Non essendo possibile alcuna verifica con il testo
originale, è però ormai opinione comune che si tratti di una lettera apocrifa,
comunque d’incerta datazione. I più la ritengono la burla di qualche studente
intenzionato a prendersi gioco di noi studiosi. Burla che solo ora verrebbe alla
luce, dopo più di quarant’anni e a suo tempo disturbata da un evento inatteso
e imprevedibile: l’alluvione. E’ comunque uno scritto di un certo interesse, se non
altro di tipo letterario e per questo si
rende pubblico. Il testo tradotto è arricchito da alcune note a piè
di pagina, da me aggiunte. La
lettera Ti ho promesso il mio racconto del viaggio, cara Lucilla,
e senza attendere il mio ritorno ti invierò questa epistola tramite uno dei tabellarii[1] di Gaio Plinio.
Nella sua casa, una villa molto bella e vasta, c’è un gran numero di schiavi e
non manca nulla. Benché il luogo sia isolato, qui arriva il cibo per la nostra
tavola e tutto quello che può servire per una vita agiata e tranquilla. E tu conosci Gaio. Puoi forse pensare che riuscirebbe a vivere senza gli
agi cui è abituato fin dalla sua nascita? Come sai ho già visitato la sua villa
toscana lo scorso anno, e credevo non
ci fosse casa più bella. Ma quando sono giunta in questi luoghi così selvaggi
e profumati, in una calda giornata in cui il cielo è azzurro e si fonde con il
mare, sono rimasta senza respiro per il
mio stesso turbamento. Partimmo da Roma con due carrozze che era ancora notte.
Il luogo non è lontano dall’Urbe, circa 17 miglia[2],
ma è necessario nel periodo caldo viaggiare in ore antimeridiane per evitare il
grande calore che sale dalla via Ostiense, solo in alcuni punti riparata da alberi.
La via non è scomoda e s’incontra poca gente diretta verso il mare, poiché per
giungere a Portus tutti preferiscono ora la via Portuense, quella via nuova che passa accanto al Tempio di
Dia[3].
Superata Porta Trigemina[4]
e poi la bianca e appuntita piramide[5]
ci siamo lasciati alle spalle il rumore e il tanfo di Roma. Il paesaggio da lì
verso il mare non è sempre bello, i boschi fitti e rigogliosi si alternano a pianure
aperte in cui il Tevere lascia zone di Solo gli schiavi restano seminudi perché anche gli
uomini, senza Giunti
all’undicesima pietra miliare si lascia però la via Ostiense e ci si addentra in una viuzza più stretta
in mezzo ai prati dove pascolano liberamente animali di vario tipo. Il fondo della
via diventa meno agevole, le ruote incontrano spesso la sabbia e il cammino si
fa più lento. Ma questo è il prezzo da pagare per l’abbandono della civiltà, dice
Gaio! Giungemmo in ora settima[6]
in vista del mare. La giornata era limpida, il cielo luminoso tanto da dar fastidio
agli occhi. L’acqua azzurra del mare, calma come mai l’avevo vista, spumeggiava
solo un poco sulla riva e la rena quasi bianca, fine e calda, sembrava la farina
del nostro pane. Un refolo di vento fresco
ci accolse una volta giunti presso la villa che è esposta a levante ma si affaccia
con un bellissimo triclinio[7]
che guarda il sole al tramonto. Il mare quasi
lambisce le mura della villa quando arriva vento di levante. Un bellissimo viale
saluta l’ospite tra piante di
bosso e rosmarino. Una volta entrati si ammira un grande vestibolo con
statue e stucchi e poi un atrio allegro protetto da alte vetrate. La mia stanza è fresca e profumata. Guarda infatti
verso i monti lontani e sulla selva poco
distante, dove lecci e arbusti promettono
frescura, ramoscelli e fiori da cui ricavare essenze per il corpo e per la tavola. La vita nella villa è molto animata. Essendo una grande
casa dove gli ospiti sono i benvenuti,
decine di schiavi ne fanno quasi Ma com’è questa casa, dirai tu. Non è facile descriverla
e a dire il vero io stessa non l’ho visitata per intero, poiché Gaio mostra ai
suoi ospiti solo alcune stanze e lascia nel mistero quelle riservate a lui stesso,
forse precluse anche a sua moglie Calpurnia, così che si dice che
vi sia una passaggio segreto per far entrare le meretrici. Ma io non credo a questa fantasia, poiché Gaio non
ha bisogno di tali consolazioni, amando assai sua moglie. Potrebbe essere una
calunnia di quell’orrido Decimo Giunio[8]
che non ama Gaio e critica la sua stima
per le donne, mentre lui si diverte a parlar male delle matrone nelle sue satire.
Lo incontrai tempo addietro in casa di amici e giurai a me stessa che avrei evitato
di frequentarlo, benché lui mi guardi con occhio di pesce, come se io fossi
di vetro. Ma anche con quell’occhio, io credo poco al suo moralismo e sono
convinta che nasconda una schiava sotto il suo letto, pronta a soddisfare i suoi inconfessabili piaceri. Gaio
è ben diverso, non ho dubbi. Ma cosa possiamo
sapere noi donne, per quanto emancipate e sofisticate, come ci rimprovera Decimo
Giunio, di quello che accade nelle stanze degli uomini? Mi dirai che forse lo
saprò non appena vi entrerò di diritto per condividere con un uomo il talamo nuziale.
Spero in quel caso di non trovare la schiava sotto il letto! Per continuare la descrizione della casa che ti ha
tanto incuriosito, ti dirò subito che le parti comuni sono davvero belle. Appena
giunta ho apprezzato la piscina d’acqua fredda dove ho potuto rinfrescarmi dopo
il viaggio. C’è anche un untorio e poi una piscina di acqua calda per prendere
il bagno anche d’inverno ammirando il mare. Pur essendo una villa di vacanza,
Gaio vuole abitarci con il freddo e pare abbia un appartamento All’esterno, verso settentrione, si può passeggiare
in un orto e in vigna circolare e un orto che produce le verdure per
la tavola. C’è naturalmente un pozzo per l’acqua dolce che ne esce in abbondanza,
poiché, ha spiegato Gaio, la vena è molto superficiale e per questo ha fatto costruire
una ruota di ferro che girando raccoglie l’acqua con anfore legate ad essa. Si
riesce così ad avere molta acqua in casa, quasi come a Roma, benché manchi un
acquedotto. Ma la stanza più bella è sicuramente il triclinio affacciato
sul mare. Ne ho potuto godere la comodità e l’eleganza per la cena. E’ stato molto
piacevole trascorrere le ore del pasto in quel luogo, aspettando il tramonto del
sole e mai avevo visto la palla di fuoco così grande scomparire in fondo al mare.
Con noi erano anche altri ospiti, tra cui il tuo amato Tacito con sua moglie Giulia.
Non so perché quell’uomo ti piaccia tanto. E’ ormai un vecchio rugoso e ingobbito,
e non posso credere che la retorica sia il suo unico fascino. Giulia è davvero
ancora bella benché ormai abbia più di quarant’anni. Lo sapevi che l’ha sposata
quando ne aveva solo 14? Indossava una collana d’oro proveniente dalla
Britannia e di fattura barbara, ma molto originale come tutto ciò che proviene
da quella misteriosa terra. Tacito conosce bene la storia della sua conquista
che Roma deve a suo suocero Agricola[9]. Tra un boccone e l’altro (molti piatti di pesce
pescato nel mare di fronte alla casa e poi carne di cervo e cinghiale cacciati
nella selva e molto vino proveniente Tra gli ospiti era anche presente un liberto che si
è arricchito con il commercio dei papiri provenienti dall’Egitto di cui deve fare
grande uso il caro Gaio. Forse è solo
questo il motivo dell’invito all’africano e a sua moglie, una giovane nubiana
che non parla una parola di latino e che certamente capiva ancor meno la nostra
dotta conversazione. Malgrado ciò gli occhi degli uomini erano catturati dalla
sua pelle ambrata e dal suo volto assai bello incorniciato da capelli molto scuri
e crespi ma ben acconciati. Da bambina c’era una schiava dei nostri
che le somiglia e non è escluso che gli sguardi degli uomini a quella bellezza, li riportassero a ricordi di schiave con le quali
hanno giaciuto. Chi, del resto, a Roma non ha una schiava nubiana di nome Lilith?
(così si chiama la ragazza, naturalmente!). L’egiziano, un vecchio grassone che sudava copiosamente,
sfoggiava alcuni anelli d’oro alle dita
enormi e interrompeva spesso Gaio e Tacito con considerazioni non molto appropriate.
Ma nell’accettare l’invito ha dimostrato un certo coraggio, trovandosi a dover
gareggiare con tali rappresentanti dell’oratoria, forse i migliori del nostro
tempo! La sua evidente inferiorità, mitigata solo dalle sue
presunte ricchezze, non gli ha impedito di dissertare sulle guerre di religione
tra ebrei e greci ad Alessandria[12]
e raccontare di questa grande città molto popolosa, forse più popolosa di Roma,
un grande porto commerciale dove è possibile incontrare mercanti e marinai provenienti
dalle province più lontane dell’Impero. Ci ha quindi descritto le sue bellezze
e ricchezze e in particolare il faro che è una delle sette meraviglie del mondo[13].
Gli ospiti erano molto presi da tali descrizioni,
e anche io, ma Gaio ruppe il nostro rapimento
spiegandoci che un faro e un porto portentosi si potevano trovare a poche
miglia dalla sua casa. Ci promise dunque di accompagnarci con le carrozze a Portus
per visitare quella città, ammirare il
bacino voluto dal divo Claudio e i lavori di escavazione per un nuovo porto collegato
direttamente con il Tevere. Partimmo quindi due giorni dopo all’alba. L’aria era
fresca e umida, il rumore del mare ci accompagnava lungo la strada battuta, che
conduce a Laurentum e poi da lì a Ostia. Il vicus Augustanus Laurentum è un piccolo borgo nell’interno. Non mancano
un foro, un tempio e le terme dove è possibile rinfrescarsi durante il viaggio.
Gaio ha voluto ricordarci la Il viaggio fu lungo per la mancanza di una vera strada
lastricata[15]
e nostra intenzione era comunque quella di alloggiare per la notte in uno degli
alberghi di Ostia che è una vera città e dove è possibile trovare tutto quello
che può servire ad un signore, ai suoi ospiti e ai suoi schiavi. Il viaggio fu lungo ma il panorama era davvero
bello e quindi non ci si annoiò benché il carro fosse piuttosto scomodo anche
con i cuscini posti sui duri sedili di legno. Lungo il percorso incontrammo anche
un piccolo circo di animali esotici, lì trasportati da Ostia nell’attesa di trasferirli
a Roma per i nostri giochi. C’erano elefanti, tigri, leoni e altri animali mai
visti, tra cui dei cammelli. Il rumore
e il fetore che emanavano da quei luoghi mi ha ricordato quello di certi angoli
della nostra amata città! Nell’avvicinarsi ad Ostia la strada migliorò condizione
e il passo fu più spedito, così che entrammo nella città dalla Porta Laurentina
e subito ci immergemmo in questa laboriosa (…)[16]
dove ognuno sembra avere un importante compito da svolgere. Ostia appare come
una Roma in piccolo, ma al contrario della nostra amata Urbe dove i nullafacenti,
le meretrici e gli ubriaconi si incontrano ad ogni angolo di strada, lì non pare
che si possa riposare neanche un attimo. Passeggiammo subito sul Decumano massimo
che è una bella via su cui si affacciano le botteghe e le taverne e anche le ville
dei ricchi mercanti. C’è anche un
grande teatro che può contenere 2500 spettatori
e che può offrire giochi d’acqua oltre a commedie e tragedie con compagnie
provenienti da Roma e da altre città dell’Impero. Dal teatro si esce in un grande
spazio delimitato da un portico Per il resto è una città come tutte le altre (almeno
quelle che ho potuto visitare) anche se dedicata
al commercio e nessuno sta fermo un attimo. I commercianti e gli affaristi
sono davvero tanti e si occupano di cordame, di grano, di avorio, di vino,
olio, tessuti, gioielli, ceramiche, marmo. Poi
ci sono conciatori, armatori, pescatori, traghettatori. Ma ho perso il conto dell’elenco
che ci ha fatto Gaio, poiché le attività sono tante e Pensa, cara Lucilla, tutto ciò che noi abbiamo in casa
ci arriva da terre lontane ed è sicuramente passato dalla città di Ostia e da
Portus che è poco distante! Anche quel monile che ti ha regalato tuo padre e che
tu sfoggi alle feste come un pezzo raro (lo sai che te l’ho sempre invidiato),
prima di giungere a te, ha conosciuto
tante mani e sicuramente non molto pulite. A questo proposito devo anche dirti
che con Calpurnia abbiamo visitato diverse botteghe per acquistare gioielli e
vestiti accompagnate dall’egiziano che
millantava conoscenze e creditori ma che in realtà tutti sembravano sfuggire.
Non invidio sua moglie che sembra sopportarlo appena e io immagino che lei imprechi
incessantemente e silenziosamente contro di lui, ma non certo per amore catulliano[17]. Io ho comunque
comprato un bellissimo telo di lino colorato di azzurro intenso, mentre Calpurnia ha trovato
un paio di sandali di morbida pelle che
le donano molto al piede. Ella era molto
sua casa di Roma,
ma non belli come questi che sono ornati con pietre preziose di vario colore. Siamo quindi tornate in albergo
soddisfatte per gli ottimi affari, poiché a Ostia i prezzi sono assai più bassi
che a Roma. Il giorno dopo ecco finalmente Portus! E’ stata davvero
una bella avventura. Io mi aspettavo luoghi
ancora selvaggi, salutati dalla scritta hic sunt
leones[18].
Invece il Tevere, con la sua sinuosa chioma bionda ci ha accolto sulle sue
rive in attesa Alle spalle ci siamo lasciati il porto fluviale di
Ostia. Caronte è ben lontano da quel sole radioso e da quel formicaio di gente
in movimento, rumoroso e umoroso e poco adatto ad una fanciulla! Il lavoro di scarico e carico delle merci sulle navi ferme lungo il fiume
non sembra avere un attimo di pausa e io ho ancora negli occhi una selva
di corpi seminudi, muscolosi e così sudati da brillare sotto i raggi di un cielo
impietoso. Superato il porto fluviale che accoglie navi più piccole e piatte,
ci siamo quindi diretti, tra i fiori, sulla
via Flavia verso il grande bacino aperto verso il mare dove arrivano navi più
grandi, benché molte si fermino a largo in attesa di imbarcazioni d’appoggio,
sulle quali scaricare le merci. Il porto infatti si sta insabbiando e per questo
il divo Traiano ha già stabilito di costruirne un altro alle spalle del primo
per assicurare riparo alle grandi navi onerarie. Sapevi che circa quaranta anni
fa una tempesta ha causato la distruzione di 200 navi cariche di grano? Il bacino
è infatti molto ampio e tale da Quel giorno il mare era molto calmo e nessuna nave
ha trovato difficoltà, così che abbiamo potuto anche visitarne una ancora carica
di merci provenienti dall’India e da una
penisola che si chiama Arabia, poco lontana
dall’Egitto. C’erano molte giare e anfore
piene di grano, riso, olio di sesamo e cotone da scaricare. Ma una
parte della grande stiva avrebbe fatto la tua gioia: era infatti piena di abiti
e tessuti di seta, dagli scrigni aperti si vedevano agate e pietre di ogni colore
e poi anche molte spezie e unguenti profumati. Io, Calpurnia, Giulia e la nubiana sembravamo quattro bambine felici di trovarsi in quell’emporio
da esplorare a piacimento, aspettando di imbatterci in qualcosa di mai visto e
di cui raccontare alle amiche, quando di ritorno a Roma. Però non c’era alcun
oggetto a noi sconosciuto e alla fine Gaio ci ha fatto omaggio di un’agata da
incastonare in un anello. La visita è terminata al grande faro. Non so come sia
quello di Alessandria di cui tanto ci ha parlato l’egiziano, ma di sicuro anche
questo di Portus potrebbe essere annoverato
tra le meraviglie del mondo. E’ stato edificato sul molo sinistro del porto e
appare ai naviganti da molto lontano. Il suo basamento è la grande nave che portò
a Roma dall’Egitto ai tempi del divo Caligola, l’obelisco che ora si trova nel circo di Nerone[19].
E’ una costruzione molto alta e massiccia e sembra costituita da grandi dadi sovrapposti
che diminuiscono di dimensione dal basso verso l’alto. Nell’ultimo è conservato
il braciere che viene Cara Lucilla, ora
sono di nuovo nella villa di Gaio. Il viaggio è terminato e sono tornata
a Laurentum da cui un tabellario partirà tra poco per portare a Roma le lettere
del suo padrone e questa mia. Anche io tra qualche giorno lascerò questi luoghi
e presto ci rivedremo. Devo però dirti che ora
non sono più molto felice della mia vacanza e non ti sorprendere per questo mio
repentino cambio d’umore. Malgrado abbia molto goduto di tante novità e abbia appreso molte cose da questo viaggio
(benché poche di queste nuove nozioni potrebbero servirmi nella mia vita coniugale
e sociale o almeno così pensavo), sono ora infatti convinta che l’invito alla casa di Gaio e la
visita a Ostia e Portus non siano un caso.
Lo sai che mio padre vuole darmi in moglie ad un
promettente magistrato che potrebbe ottenere importanti incarichi e sospetto
che Gaio sappia qualcosa a proposito di queste intenzioni, perché più volte ha
fatto il nome della gens degli Ergili. Come forse saprai essa è ai vertici dell’amministrazione
di Ostia ed è strettamente imparentata con la nobile famiglia romana degli Acili.
Benché gli Ergili siano ben rappresentati in Senato ed abbiano anche tre Consoli
imperiali, non sono ancora ai vertici dell’aristocrazia romana come gli Acili.
La loro ascesa è dovuta soprattutto alla loro ricchezza accumulata con i commerci
e questo a Roma un tempo li accomunava ai tanti Che io sia dunque destinata ad un provincialotto ostiense
che mi costringerà ad una vita tra le mura di quella città di mercanti e pescatori,
dove l’unico svago è la visita al tempio e la serata a teatro con i giochi d’acqua,
piena di greci, africani e ispanici e
di donne libere e ricche che sposano il
proprio schiavo? Non ci crederai, ma lì questo è possibile! E non mancano donne
che possiedono interi isolati con le botteghe da affittare, oppure officine per
la produzione di mattoni o di tubi di piombo! Vedremo tra pochi mesi, al compimento
dei miei 15 anni, a quale sorte mi destina il mio amato padre! Ora che sono tornata alla villa di Gaio e posso finire
di scriverti questa lettera (avrai capito che l’ho scritta in diversi momenti)
, devo confessarti che sono davvero angosciata perché il tremendo sospetto che
è nato in me durante la visita a Ostia e a Portus, si fa sempre più reale. Anche
Calpurnia mi ha magnificato la vita di provincia e al ritorno a Ostia da Portus,
nel nostro albergo, per tutta la sera in mia presenza ha lodato grandemente le
bellezze del posto, l’aria buona che vi si respira e l’accoglienza degli abitanti!
E’ arrivata anche a dichiarare Proprio lei che smania per la vacanza a Laurentum e
due giorni dopo l’arrivo ha nostalgia delle sue feste e delle sue amiche matrone! Credo, insomma, di essere oggetto di un complotto ai
miei danni e ora capisco perché mio padre
mi ha spinto ad accettare l’invito di Gaio nella sua bella villa isolata, con
la sola Cara Lucilla, che destino amaro è quello di noi donne! E non ci aiuta né la
ricchezza né il censo, poiché le schiave sono più libere di noi e possono scegliere
lo sposo se hanno la fortuna Spero però che il mio futuro non sia nero come ora
vado immaginando, in realtà senza alcuna prova di quanto sospetto. Se mai dovesse
accadere quel che temo, mi aggrapperò alla saggezza di Ovidio che ha detto: “Odierò,
se potrò, altrimenti amerò, controvoglia”. La tua amica ora molto infelice. [1] I tabellarii erano gli schiavi camminatori, adibiti al recapito della corrispondenza. [2] Il miglio romano corrisponde a 1,482 km e quindi in questo caso a poco più di 25 km. [3] Si tratta di un famoso luogo sacro i cui sacerdoti appartenenti al collegio dei fratres Arvales praticavano i riti legati alla tradizione agreste: protezione dei terreni e cerimonie propiziatorie per ottenere dei floridi raccolti. In epoca imperiale i sacerdoti praticarono riti in favore degli imperatori. La via Portuense fu realizzata alla fine del I sec. D.C. [4] Dalla porta Trigemina ai piedi dell’Aventino, si originava la via Ostiense prima della creazione delle mura aureliane. [5] La piramide Cestia. [6] Le ore 12-13 [7] Il triclinio era la sala dove venivano serviti i pasti. I commensali mangiavano semisdraiati su lunghe poltrone anch’esse chiamate triclini. [8] Giovenale [9] Gneo Giulio Agricola, politico e generale che giocò un ruolo importante nella conquista della Britannia di cui divenne governatore. L’imperatore Domiziano lo richiamò a Roma, forse perché geloso dei suoi grandi successi. Morì nel 93 d.c. in circostanze poco chiare, forse avvelenato per ordine dello stesso imperatore. Tacito, che ne aveva sposato la figlia, ha raccontato la conquista della Britannica nei suoi Annales. [10] La regina Bodicca, o Baudicea, moglie di Pratusago re degli Iceni, regno alleato dei romani. Alla morte di Pratusago la legge romana non riconobbe il diritto di discendenza in linea femminile, il regno fu quindi annesso all’impero, le proprietà icene confiscate, i nobili trattati come schiavi, le figlie del re stuprate. . Boadicea si alleò quindi con altre tribù ribelli e guidò un esercito di 40.000/50.000 uomini contro i romani, mettendo a ferro e a fuoco Camulodunum (Colchester), Londinium (Londra) e Verulanum (St Albans). Bodicca fu sconfitta nel 61 d.c. dall’esercito di Gaio Svetonio Paolino che riuscì a riaffermare la supremazia sull’isola malgrado la schiacciante superiorità numerica dei nemici. Bodicca, per non essere catturata, si avvelenò. [11] Le Furie sono le tre figure della mitologia romana, corrispondenti alle Erinni greche. Personificazioni femminili della vendetta. Il loro compito è di vendicare i delitti, soprattutto quelli compiuti contro la famiglia, oltre a torturare l'assassino fino a farlo impazzire. Cicerone ne parla in De natura deorum [12] Dal regno di Nerone in poi, l'Egitto conobbe un'era di prosperità che durò circa un secolo. I maggiori problemi incontrati riguardarono i conflitti religiosi sorti tra Greci ed Ebrei, in particolar modo ad Alessandria, che in seguito alla distruzione di Gerusalemme nel 70 d.c. divenne il centro mondiale della religione e della cultura ebraica. Sotto Traiano vi fu una rivolta ebraica, sfociata nella repressione degli Ebrei di Alessandria e nella perdita di tutti i loro privilegi, anche se in seguito vennero rapidamente ripristinati. [13] Le Sette meraviglie del mondo antico sono le strutture architettoniche, sculture ed edifici che i Greci ed i Romani ritennero essere le più belle e straordinarie opere dell'intera umanità. Anche se erano stati compilati altri elenchi più antichi, la lista canonica deve risalire al III secolo a.C. poiché comprende il Faro di Alessandria, costruito tra il 300 a.C. e il 280 a.C. ed il Colosso di Rodi, crollato per un terremoto nel 226 a.C. Le altre erano: i Giardini pensili di Babilonia, il Mausoleo di Alicarnasso, il Tempio di Artemide ad Efeso, la Statua di Zeus ad Olimpia, la Piramide di Cheope a Giza. [14] Secondo la versione di Catone il Censore, accettata poi come definitiva, Enea fugge da Troia e giunge nel Lazio. Qui, dopo aver sposato Lavinia, fonda Lavinium, poco distante da Laurentum. Il figlio Ascanio è invece il fondatore di Alba Longa e i suoi successori danno origine alla dinastia dalla quale, dopo varie generazioni, Rea Silvia darà alla luce Romolo e Remo e in seguito la gens Giulia, con Giulio Cesare e il primo imperatore Augusto. [15] La via Severiana fu costruita nel 198 d.c. dall’imperatore Settimio Severo per collegare Portus a Terracina. [16] Parola illeggibile. [17] La giovine si riferisce evidentemente alla poesia di Catullo “Lesbia impreca incessantemente” (Carme XCII). [18] Frase lasciata nel testo in lingua originale. La locuzione latina hic sunt leones (in italiano, qui ci sono i leoni) compariva sulle carte geografiche dell'antica Roma e successive in corrispondenza delle zone inesplorate dell'Africa e dell'Asia. La frase stava ad indicare che non si sapeva cosa si trovasse in quelle lande sconosciute, a parte il fatto che fossero abitate da belve (alle quali occorreva prestare attenzione). [19] Il circo di Nerone era un impianto per spettacoli lungo 540 metri e largo circa 100, che sorgeva nel luogo dove oggi si trova la basilica di San Pietro in Vaticano. L’obelisco è quello poi trasferito al centro di Piazza San Pietro.
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